Quale altro rifiuto pericoloso varcherà la soglia dell’impianto di Colfelice dopo quello radioattivo rinvenuto dall’Arpa Lazio tra i rifiuti urbani?
L’impianto al suo interno, dopo la sua costosissima riconversione in produttore di CDR (combustibile derivato dai rifiuti) accoglie ormai di tutto, sia rifiuti urbani che speciali, compresi quelli contenenti contaminanti altamente nocivi.
Tra questi il materiale radioattivo denominato “Iodio 131”, prevalentemente utilizzato nelle strutture sanitarie a gestione sia pubblica che privata per il trattamento dei tumori tiroidei e nella diagnostica nucleare.
Se fino a ieri qualcuno avesse avuto dei dubbi sulla notoria inefficienza dell’impianto, oggi può focalizzare meglio i pericoli che incombono sulle famiglie del comprensorio Colfelice-Roccasecca-San Giovanni Incarico-Pontecorvo. L’ARPA, finalmente, ha infranto il muro di omertà e menzogne sulla gestione di smaltimento rifiuti che continua ad avvenire in contrasto con tutte le norme di tutela ambientale.
Tutto lascia presupporre che materiale radioattivo sia stato sempre conferito e trattato a Colfelice e che solo oggi, grazie alle analisi radiometriche eseguite nell’inceneritore di San Vittore, questa verità sia venuta a galla.
Dopo questa inquietante vicenda, che presenta zona d’ombra ancora tutte da chiarire, nessuno nell’area di influenza dell’impianto di Colfelice può ritenersi al riparo dai rischi igienico-sanitari, tanto meno i dipendenti della S.A.F. e gli addetti al trasporto perchè più esposti alle radiazioni.
Non sono certamente rassicuranti neanche le cosiddette “procedure straordinarie”, adottate dalla Provincia di concerto con la dirigenza S.A.F., che prevedono la permanenza in quarantena dei compattatori all’interno dell’impianto di Colfelice in attesa di interventi di decontaminazione da parte di personale specializzato.
Si tratta di un rimedio alquanto pericoloso sia per i lavoratori che per i cittadini residenti nella zona, ai quali non potrà mai essere assicurata l’immediata e completa neutralizzazione del materiale radioattivo. Risulterà, inoltre, sempre difficile prevedere quotidianamente il numero dei camion-rifiuti sospetti, il volume del materiale radioattivo ed i tempi di sosta forzata all’interno dell’impianto.
Sarebbe opportuno, invece, dopo avere effettuato gli opportuni rilievi, che il carico contaminato venga rispedito al Comune di provenienza e lì vengano eseguite le operazioni di prelievo del rifiuto radioattivo e le conseguenti “cure del caso”.
Gli oneri dell’intervento di bonifica è bene che ricadano sui bilanci di quei Comuni che non hanno osservato le più elementari norme di separazione dei rifiuti pericolosi da quelli urbani.
Di fronte a questo gravissimo attentato alla salute pubblica, gli amministratori locali ed in “primis” i Sindaci, non esclusi gli organismi di controllo e le organizzazioni sindacali, non possono più considerare l’impianto di Colfelice la panacea di tutte le loro inadempienze su tutto ciò che è legato allo smaltimento dei rifiuti.