lunedì 3 agosto 2015
Acque contaminate a Cerreto: le Cassandre avevano ragione
Finalmente apprendiamo dall'Arpa Lazio il superamento della soglia di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee in località Cerreto, come trasmesso nella loro relazione e nel relativo rapporto epidemiologico dell'ERAS.
domenica 4 agosto 2013
COMUNICATO DEI COMITATI - PROPOSTA INDECENTE DELL’ASSESSORE REGIONALE ALL’AMBIENTE, MICHELE CIVITA.
La proposta avanzata dall’Assessore Regionale all’Ambiente,
Michele Civita, di procrastinare il trasferimento dei rifiuti di Roma nella
nostra provincia, oltre il termine dei 120 giorni stabilito per decreto,
qualora la Capitale non riuscisse a superare l’emergenza, è lesiva della
dignità dei cittadini residenti nei pressi dell’impianto di Colfelice ed
irrispettosa degli impegni e degli accordi solennemente assunti dalle più alte
istituzioni romane nei confronti dell’intera popolazione della Ciociaria.
Dopo oltre sei mesi dall’annuncio della chiusura della
discarica di Malagrotta, cui ha fatto seguito la raffica di decreti e
provvedimenti, emessi dall’ufficio del commissario straordinario, alcuni dei
quali dichiarati illegittimi e fortemente penalizzanti per il nostro
territorio, gli amministratori dei vari enti istituzionali della Capitale
ancora non sono riusciti ad individuare un sito alternativo, nonostante le
super-multe che gli organismi della Comunità Europea minacciano di infliggere ai
cittadini della Regione Lazio.
E’ intollerabile che il comprensorio
Roccasecca-Colfelice-San Giovanni Incarico-Pontecorvo, già devastato dalle ben
note criticità provocate dagli impianti di smaltimento rifiuti, debba essere
ulteriormente aggredito per sopperire alle inadempienze della inetta ed
indolente classe politica romana, le cui nefandezze amministrative sulla
gestione dell’immondizia sono avallate anche dal Ministero dell’Ambiente!
L’inerzia nell’individuare i siti da destinare a discarica
ed il rinvio delle autorizzazioni per la completa attivazione degli impianti,
presenti nella provincia romana, non giustificano l’accelerazione impressa al
trasferimento dei rifiuti nelle altre province del Lazio. Le comunità di questo
territorio non possono, ancora una volta, accondiscendere, pedissequamente,
alla richiesta di accogliere ulteriori tonnellate di rifiuti.
Inoltre, le recenti sentenze dei vari livelli della
giustizia amministrativa, alcune emesse con immotivato ritardo rispetto alla
presentazione dei ricorsi, altre rinviate a data da destinarsi, non hanno fatto
altro che porre macigni sul normale percorso della legalità e sul
riconoscimento dei diritti dei cittadini, civilmente rivendicati nelle
settimane della protesta. E’ evidente che siamo di fronte ad una congiura
politico-istituzionale, ordita contro le solite popolazioni, che aggrava una
situazione già di per sé compromessa sia sul piano igienico-sanitario che sociale.
C’è da registrare, favorevolmente, la presa di posizione
dell’Assessore alla Cultura del Comune di San Giovanni Incarico, Paolo Fallone,
che, nel corso dell’incontro con l’Assessore Civita, ha espresso preoccupazione
per il futuro del nostro territorio, lanciando un monito a quanti vorrebbero, arrendevolmente,
barattare la salute dei cittadini con allettanti “ristori economici” o con
opere e interventi compensativi da realizzare nei territori comunali
interessati dagli impianti di smaltimento.
Questi Comitati, dopo aver dimostrato, con alto senso di
responsabilità, piena disponibilità a partecipare al tavolo tecnico, offrendo
in quella sede un concreto contributo per ridisegnare la politica dello
smaltimento dei rifiuti in provincia di Frosinone, esprimono profonda delusione
per l’indecente proposta di prorogare il trasferimento dell’immondizia romana presso
l’impianto di Colfelice e ritengono ormai conclusa qualsiasi forma di
collaborazione con gli organismi istituzionali della Regione Lazio.
San Giovanni Incarico, 3 agosto 2013.
PER I COMITATI
Rocco Renzi - Comitato “CITTADINI DI SAN CATALDO” - San
Giovanni Incarico
Fabrizio Di Cioccio - Comitato “CONTRASTO” - Roccasecca
Vincenzo Folcarelli - Comitato “SAN PARIDE” - Pontecovo
mercoledì 15 maggio 2013
Intervista de L'Indifferenziato a Fabrizio Di Cioccio
Ecco il testo integrale (scaricabile anche qui) dell'intervista rilasciata il 14 maggio 2013 al periodico L'indifferenziato di San Giovanni Incarico
Benvenuto a Fabrizio Di Cioccio, presidente del Comitato Contrasto di Roccasecca. Iniziamo dai fatti recenti: dal gennaio scorso il nostro territorio è minacciato dall'emergenza dei rifiuti romani. Potrebbe in maniera sintetica sintetizzare i principali avvenimenti accaduti da quel momento ad oggi?
La vicenda dei rifiuti romani merita una breve ricostruzione per spiegare le ragioni, ancora incomprensibili a mio parere, della “fantomatica“ emergenza rifiuti verificatasi nella città di Roma. Tutto risale ad oltre tre anni fa, quando vennero concesse alla Società COLARI proroghe semestrali per la gestione della discarica di Malagrotta. L’invaso romano per la riduzione delle volumetrie disponibili, ma soprattutto per le criticità di carattere igienico-sanitario viene posto sotto osservazione dalla Commissione Ambiente della Comunità Europea, la quale, dopo alcune verifiche “in situ”, ne intima la chiusura ed impone alle nostre autorità regionali di realizzarne uno nuovo. Inizia così la spasmodica ricerca nel territorio di Roma e della sua provincia di un sito alternativo che non viene individuato, non solo per le comprensibili proteste delle popolazioni, ma soprattutto per le inadempienze e le inettitudini, queste sì ingiustificate, degli amministratori comunali, provinciali e regionali.
L’emergenza rifiuti romana viene, quindi, riversata sulle altre province della regione Lazio compresa la nostra, dove d’imperio, attraverso un decreto commissariale, l’ex Ministro dell’Ambiente, Clini, dispone il trasferimento nell’impianto SAF di Colfelice di oltre 400 tonnellate al giorno di rifiuti prodotti nella Capitale, nella Città del Vaticano e nei Comuni di Ciampino e Fiumicino. Come è ormai noto, per contrastare questo ennesimo sopruso a nulla sono serviti i ricorsi presentati nelle sedi della giustizia amministrativa, come a nulla sono servite iniziative e manifestazioni di protesta, alcune delle quali hanno fatto registrare anche momenti di tensione tra i manifestanti e le forze dell’ordine.
Recentemente si e svolto un tavolo tecnico in regione per cercare d trovare una soluzione a questo gravissimo problema: come giudica il risultato ottenuto?
Potrò esprimere un giudizio positivo sul tavolo cosiddetto “tecnico” solo quando la Regione Lazio ed i vari organismi pubblici, preposti alla salvaguardia ed alla tutela della salute e dell’ambiente, risponderanno pienamente ed in modo soddisfacente alle esigenze e alle aspettative da sempre auspicate dai cittadini residenti nei pressi degli impianti e ciclicamente portate dai comitati all’attenzione delle istituzioni a vari livelli.
Al tavolo, da parte dei comitati, sono state poste alcune questioni affinché il ciclo dei rifiuti nella nostra provincia possa essere veramente definito virtuoso. Per raggiungere questo obiettivo è necessario innanzitutto che venga redatto un piano dei rifiuti che preveda un’impiantistica moderna e razionalmente distribuita sul territorio provinciale, tale da ridurre l’impatto sul comprensorio Colfelice-Roccasecca-San Giovanni Incarico-Pontecorvo, la chiusura definitiva della discarica di Cerreto, l’individuazione del sito da destinare a discarica definitiva e l’attivazione su tutto il territorio provinciale della raccolta differenziata. Inoltre, affinché la cittadinanza abbia maggiori garanzie dal punto di vista ambientale sugli impianti, i Comitati hanno richiesto che, a breve termine, vengano installati strumenti per il costante monitoraggio dell’aria e si dia corso alle analisi del suolo, del sottosuolo e delle acque dei fiumi e dei torrenti.
Fino ad oggi quanti rifiuti romani sono stati scaricati a Colfelice?
Alla data del 13 maggio, a Colfelice sono state scaricate oltre 11.000 tonnellate di rifiuti romani. Nel corso della riunione, tenutasi a Roma il 16 aprile scorso, fu annunciata la possibilità di dimezzarne il quantitativo, ma nel successivo incontro, svoltosi presso la SAF, dall’intervento di Lazzara, Capo della Segreteria dell’Assessore regionale all’Ambiente, abbiamo appreso che la riduzione del conferimento nella nostra provincia sarà possibile solo quando sarà perfezionata la convenzione con la Regione Toscana, disponibile ad accogliere una considerevole quantità di rifiuti romani come già sta facendo la Regione Abruzzo. Resta, quindi, confermato quanto stabilito dal decreto Clini che prevede il conferimento a Colfelice dell’immondizia capitolina per un periodo di 120 giorni alla tariffa di 39,00 euri a tonnellata da elargire alla SAF, nelle cui casse l’AMA (la municipalizzata romana che si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti), secondo quanto dichiarato dal Presidente Fardelli, non ha ancora versato un centesimo.
Quante responsabilità ha la politica locale nella drammatica situazione ambientale del nostro comprensorio? E’ stato sempre fatto il possibile, oppure ci sono state delle collusioni tra imprenditori e politici?
Le responsabilità della politica locale sono innumerevoli. Basti pensare ai provvedimenti emessi dalle autorità
regionali finalizzate ad apportare ingiustificate modifiche strutturali ed ampliamenti agli impianti dedicati allo smaltimento e a quale scellerata politica dei rifiuti è stata attuata in provincia. Il sud della Ciociaria è stata eletta a polo-rifiuti anche grazie all’assenza di un razionale piano rifiuti provinciale. La sua mancata redazione ed approvazione ha consentito che alcune strutture come l’impianto di Colfelice, la discarica di Roccasecca e
l’inceneritore di San Vittore del Lazio assumessero, nel corso degli anni, dimensioni sproporzionate rispetto alle reali necessità di smaltimento dei rifiuti prodotti in provincia.
Molti provvedimenti decretati per fronteggiare emergenze, inventate ad “hoc” per autorizzare il sovradimensionamento degli impianti, hanno trovato da parte degli amministratori locali, ad eccezione di pochi, una opposizione che si è rilevata sempre blanda ed in alcuni casi del tutto inesistente. Un atteggiamento questo che non ha fatto altro che spalancare le porte ad imprenditori senza scrupoli che hanno fatto e continuano a fare scempio del nostro territorio.
Come crede sia possibile uscire da questa situazione? Come mai l'impianto Saf non funziona come dovrebbe? Che cosa, secondo lei, si dovrebbe fare per rendere l'impianto di Colfelice efficiente?
L’impianto di Colfelice, finito di costruire nel 1989, doveva rappresentare la soluzione ottimale per lo smaltimento dei rifiuti prodotti nei Comuni del Cassinate, ma prima che entrasse in funzione, nel 1996, ha subito diverse modifiche che ne hanno ampliato e potenziato la sua capacità. Oggi, come è noto, è ridotto a discarica coperta dove vengono conferiti tutti i rifiuti della Ciociaria e di alcuni Comuni di altre province. Il progetto originario prevedeva la preselezione dei rifiuti (ferro, plastica, carta, frazione organica, ecc.), da inviare al riciclaggio.
Strutturato ed attrezzato per la produzione di compost di qualità, l’impianto in realtà ha funzionato malissimo sin dai primi anni della sua attivazione. Tanto è vero che su 220.000 tonnellate annue di rifiuti solidi urbani in
ingresso solo una esigua parte può essere avviata a riciclaggio, il resto è destinato allo stoccaggio in discarica. La conferma della sua inefficienza sta tutta nelle discariche sorte di anno in anno nei Comuni di Anagni, Cassino, Pignataro, Pontecorvo, Frosinone, Sora e Roccasecca. Per quanto riguarda le insopportabili esalazioni nauseabonde che da anni ammorbano l’aria nella zona circostante, la situazione, sia sul piano igienico-sanitario che ambientale, è notevolmente peggiorata da quando all’interno dell’impianto sono stati realizzati i lavori per la produzione di CDR (combustibile derivato dai rifiuti) da incenerire a San Vittore del Lazio!
Il sistema per l’abbattimento delle sostanze odorigene moleste funziona malissimo e non è, quindi, in grado di
eliminare gli effluvi provenienti dalle biocelle dove i rifiuti organici vengono essiccati per essere trasfomati in CDR. Da questa situazione si potrà uscire solo se l’impianto svolgerà le funzioni secondo il progetto originario. Affinchè la struttura sia inserita in un contesto civile ed europeo, riterrei importante che la direzione
amministrativa e tecnica della SAF, di concerto con la Regione e le Organizzazioni Sindacali, iniziasse ad imbastire progetti finalizzati alla costruzione di nuove linee su base provinciale, capaci di selezionare e realizzare prodotti finiti. Mi spiego: nell’impianto affluisce “materia-prima” che potrebbe essere trasformata in
alcuni prodotti richiesti dal cosiddetto “mercato del riuso”. Mi riferisco, per esempio, a come la plastica potrebbe essere riutilizzata sia per realizzare innumerevoli oggetti, sia per confezionare indumenti in pile. Lo stesso discorso vale per la carta, l’alluminio e tante altre sostanze e tipologie di rifiuti destinate al riciclo. Insomma, è necessaria una vera ristrutturazione che guardi al futuro per assicurare tranquillità economica alle famiglie dei dipendenti della SAF e vantaggi a favore dell’ambiente.
In altre parti d'Italia, ma soprattutto d'Europa, il ciclo dei rifiuti viene visto come una risorsa, perchè questo non accade nella nostra regione?
Nella nostra Regione, ma soprattutto in provincia di Frosinone, siamo ancora all’anno zero per quanto riguarda la corretta gestione dei rifiuti. Lo smaltimento costituisce una materia complessa e frequentemente alla ribalta della cronaca per i problemi che provoca sul piano ambientale, sociale ed economico. Le scelte strategiche attuate dalla nostra classe politica regionale e provinciale sono state sempre orientate verso il “sistema discarica” ad oltranza. Bisogna, invece, invertire la rotta: vanno osservate ed applicate tutte le direttive europee, che disciplinano la gestione dei rifiuti e che, prevalentemente, riguardano la prevenzione, la riduzione dei rifiuti, il riutilizzo delle materie e la preparazione per il riutilizzo. Qualcosa di positivo si sta lentamente muovendo in provincia: in alcuni Comuni è stato avviato il servizio di raccolta differenziata “porta a porta”, ma siamo ancora lontani dai brillanti risultati conseguiti da alcune città del Nord-Italia e del Nord-Europa.
Reputa sufficiente l’attenzione della popolazione verso la tematica ambientale? Negli occhi dei più giovani vede maggiormente voglia di reagire o rassegnazione verso questa situazione?
Spiace dover constatare la scarsa sensibilità della popolazione ed in particolare dei giovani verso le diverse problematiche ambientali che affliggono il territorio ciociaro. Esistono delle criticità molto importanti che in alcune zone costituiscono seri rischi per la salute delle persone. Basti pensare all’inquinamento del fiume Liri dove vengono riversate dalle acque del fiume Sacco sostanze altamente tossiche; alla diffusione delle polveri ultrasottili nelle città di Frosinone, Cassino e San Vittore del Lazio, ove è in piena attività l’inceneritore rifiuti di 36 megawatt; alle desolanti condizioni in cui versano le gole del fiume Melfa, trasformate in discarica a cielo aperto dall’inciviltà dei cittadini e dall’incuria degli amministratori pubblici; ai rifiuti speciali interrati nei pressi di alcune fabbriche dismesse nel Comune di Ceprano. Per non parlare delle persistenti esalazioni nauseabonde, che conosciamo bene, nell’area ove insistono gli impianti di smaltimento rifiuti di Colfelice e Roccasecca. Non vedo una consistente mobilitazione tale da indurre la politica locale e regionale ad adottare
provvedimenti o adeguati interventi per risolvere queste importanti questioni.
L’impianto Saf e la discarica Mad sono attive ormai da moltissimi anni, come mai non è stato creato ed autorizzato un registro delle malattie per tutelare la popolazione?
Il Rapporto ERAS-Lazio, redatto dal Dipartimento del Servizio Sanitario Regionale sulla valutazione epidemiologica dello stato di salute delle popolazioni esposte a processi di raccolta, trasformazione e smaltimento dei rifiuti, ha registrato una recrudescenza delle patologie tumorali ed un elevato livello di ospedalizzazione delle persone residenti nei pressi degli impianti di smaltimento. Per quanto riguarda la nostra
zona, il Rapporto evidenzia che l’acido solfidrico, che quotidianamente si sprigiona dalla discarica di Roccasecca e dall’impianto di Colfelice, ha raggiunto concentrazioni decisamente superiori alla media regionale. Sia Rocco Renzi, Presidente del Comitato “Cittadini di San Cataldo”, che io abbiamo più volte segnalato la presenza di questo pericoloso inquinante alle autorità civili e sanitarie prima ancora che il Rapporto ERAS venisse pubblicato! Purtroppo, le nostre segnalazioni e le continue richieste rivolte alle istituzioni per la tutela della salute sono cadute nel vuoto. Ad alleviare parzialmente il nostro disappunto è intervenuto l’Ordine dei Medici della provincia di Frosinone affermando che esiste una correlazione tra aumento di tumori e vicinanza alle discariche di rifiuti. Ritengo, comunque, che sia una presa di posizione alquanto timida. E’ bene che l’Ordine dei Medici, vero garante della sanità pubblica, assuma, rispetto a queste problematiche, un comportamento meno omertoso e con più coraggio si esprima sulla situazione sanitaria del comprensorio Colfelice-Roccasecca-San Giovanni Incarico-Pontecorvo.
Dovrebbe essere proprio l’Ordine dei Medici a pretendere dalle amministrazioni comunali l’adozione di atti deliberativi per istituire il registro dei tumori. Un documento che ormai è diventato indispensabile per indagare, tra l’altro, sui possibili rischi associati all'inquinamento ambientale.
Nel Lazio, purtroppo, sono molto attive le Ecomafie, come testimoniano numerosi rapporti di LegAmbiente. Quanto è forte l’infiltrazione delle organizzazioni malavitose nel ciclo dei rifiuti della nostra provincia? Cosa possono fare i cittadini e le associazioni per contrastare il fenomeno?
Non sono pochi gli episodi, portati alla luce dalle forze dell’odine e dai mass-media, sul traffico illecito di rifiuti e di corruzione legati alla gestione degli impianti e ai processi di trattamento dei rifiuti. Un fenomeno questo molto dffuso in diverse zone del territorio nazionale che ha interessato anche la nostra provincia. Basti solo ricordare la vicenda dei rifiuti speciali e tossici rinvenuti nella zona marmifera di Ausonia e Coreno Ausonio e l’inchiesta, ancora in corso, dei rifiuti interrati abusivamente nell’area industriale di Ceprano.
L’imponente attività dei mega impianti che insistono sul nostro territorio va costantemente tenuta sotto controllo perchè il rischio che ingenti quantitativi di rifiuti possano essere illegalmente smaltiti anche in impianti
autorizzati non è del tutto scongiurato. A volte, l’azione di contrasto messa in atto dall’autorità giudiziaria contro i crimini ambientali diventa difficile a causa di alcune modifiche apportate al codice ambientale che hanno ridotto la perseguibilità dei reati ambientali. Anche per questo le ecomafie spadroneggiano.
Cosa fare allora? Penso che i crimini contro l’ambiente possano essere affrontati solo mettendo insieme cultura dell’ambiente, normativa repressiva ed efficace apparato di controllo.
Quali sono le prossime date da tenere d'occhio per l'evoluzione dell'emergenza dei rifiuti romani?
La data fatidica è il 30 giugno prossimo. Come è noto, quel giorno chiuderà definitivamante la discarica di Malagrotta. Il mega invaso di Roma non potrà più accogliere immondizia per non incorrere nella procedura di infrazione stabilita dalla Comunità Europea. Questo evento, per le comunità del nostro comprensorio, è motivo di preoccupazione perché nel territorio della Capitale e in quello della sua provincia ancora non è stata realizzata una nuova discarica e il sito di Cerreto di Roccasecca rischierebbe l’ennesima aggressione.
lunedì 24 dicembre 2012
L'ora del monitoraggio dell'aria a Cerreto e Colfelice
Cosa ha prodotto e cosa sta producendo la dissennata politica dello
smaltimento dei rifiuti attuata dalla Provincia di Frosinone e dalla Regione
Lazio sul comprensorio dei Comuni di Roccasecca, San Giovanni Incarico,
Colfelice e Pontecorvo? Quali le ripercussioni socio-economiche sui territori
interessati a seguito della devastazione ambientale provocata da oltre quindici
anni di attività dell’impianto di Colfelice e da dieci anni di gestione della discarica
di Roccasecca? Ma soprattutto: quali danni sul piano igienico-sanitario stiamo
registrando e a quali gravi rischi è esposta la salute dei cittadini? Sono
questi alcuni motivi che hanno spinto i Comitati ad indirizzare all’ARPA e ad
altre istituzioni pubbliche la richiesta, il cui testo è pubblicato anche sul quotidiano "Ciociaria Oggi", affinché venga eseguito un monitoraggio dell’aria per conoscere, in
modo completo ed approfondito, le situazioni di criticità esistenti nelle zone ove
insistono gli impianti di smaltimento.
martedì 26 aprile 2011
Discarica di Roccasecca: gravi inadempienze della MAD
A seguito dell’esposto presentato dai Comitati “Cittadini San Cataldo” e “Contrasto”, nel dicembre scorso, alle autorità sanitarie e agli organi provinciali e comunali per risolvere i problemi dell’inquinamento causato dalla discarica di Roccasecca e dall’impianto di compostaggio di Colfelice, l’ARPALAZIO di Frosinone ha comunicato alla Direzione Regionale Rifiuti, al Prefetto di Frosinone ed ai Rappresenti dei suddetti Comitati i risultati dei sopralluoghi eseguiti nelle zone oggetto di indagini.
Nella nota dell’organismo sanitario si legge, testualmente: “che, fino ad oggi, non sono state evidenziate situazioni paragonabili a quelle segnalate” e che “tali evenienze possono essere messe in relazione al periodo stagionale e ad una probabile maggiore attenzione che si è potuta riscontrare nella gestione dell’impianto SAF, al quale verosimilmente può essere fatta risalire, in via ipotetica, l’origine degli odori molesti in questione. Mentre per quanto riguarda la discarica MAD si è avuto modo di segnalare recentemente a codesta Regione alcune gravi inadempienze che stanno implicando un aumento di emissioni odorigene sgradevoli, tuttora sotto osservazione”.
Quanto rilevato dall’Agenzia di Protezione Ambientale, circa le esalazioni maleodoranti riscontrate nell’attività della discarica, gestita dalla MAD, va ad aggiungersi alla criticità ambientale verificatasi a seguito della fuoriuscita di percolato dagli abbancamenti dei rifiuti depositati nel sito di Cerreto. Criticità che la stessa ARPALAZIO ha certificato e comunicato agli organi competenti.
E’ indiscutibile che la grave inefficienza del sistema di gestione di smaltimento rifiuti stia determinando, nel comprensorio Roccasecca - San Giovanni Incarico - Colfelice - Pontecorvo, danni irreversibili all’ambiente circostante ed esponendo la popolazione a gravi rischi igienico-sanitari. E’ ormai evidente che il gestore della discarica di Cerreto disattende alle prescrizioni previste dalla normativa inerente il corretto funzionamento delle discariche.
Per questi motivi i Comitati hanno ritenuto opportuno trasmettere la missiva dell’ARPALAZIO al Sindaco, Dott. Giovanni Giorgio, all’Assessore all’Ambiente, Dott. Antonio Maria Isola, ed al Presidente Consiglio Comunale di Roccasecca, Prof. Guerrino Terriero, con la contestuale richiesta di adottare, per quanto di loro competenza, tutti i provvedimenti per avviare la procedura di chiusura della discarica di Cerreto al fine di restituire ai cittadini il diritto inviolabile di vivere in un ambiente salubre e civile.
sabato 5 febbraio 2011
Discarica di Cerreto: in arrivo rifiuti radioattivi
E’ davvero sconcertante apprendere come alcuni uffici della Regione Lazio continuino ad emanare ordinanze di ampliamento della discarica di Roccasecca e a consentire alla MAD, Società che gestisce l’impianto, di smaltire rifiuti di tipologie diverse da quelle che furono autorizzate per fronteggiare l’emergenza ambientale verificatasi all’inizio degli anni 2000. Infatti, due nuovi provvedimenti regionali hanno recentemente colpito la località Cerreto: il primo, adottato con determinazione n. 6353 del 13 dicembre 2010 a seguito di richiesta presentata dalla MAD, prevede la realizzazione di un ulteriore invaso di 60.000 metri cubi; il secondo, deliberato con atto n. Z0010 del 31 dicembre 2010, autorizza il gestore della discarica ad accogliere rifiuti radioattivi, dopo essere stati sottoposti a “procedura straordinaria” nell’impianto di Colfelice.
La cosiddetta “procedura straordinaria” consiste in un intervento che personale specializzato dovrebbe eseguire per individuare e successivamente neutralizzare le sostanze radioattive e renderle, quindi, innocue. Se veramente il materiale sospetto viene interamante decontaminato, attraverso anche la permanenza in quarantena dei compattatori nell’impianto, per quale motivo viene emanata un’ordinanza regionale per autorizzare la MAD ad accogliere questa tipologia di rifiuti? Siamo alle solite! I biofiltri dell’impianto di Colfelice non funzionano? Allora… tanto vale che i cittadini respirino il velenoso acido solfidrico anziché sostituire i biofiltri o eseguire interventi di manutenzione. Il portale radiometrico che rileva i carichi di rifiuti radioattivi, installato all’ingresso dell’impianto di Colfelice, è in continuo allarme e la decontaminazione dei rifiuti prevede tempi lunghi e costosi? Allora… è molto più semplice spedire al più presto il carico pericoloso in discarica. D’altronde quale rischi corrono il Presidente della SAF ed il proprietario della discarica di Cerreto? Non vivono a Roccasecca, né loro, né le loro famiglie!
A risentirci alla prossima ordinanza, in attesa che i Sindaci di Roccasecca e Colfelice, escano dal loro torpore e dalla loro inettitudine e restituiscano un minimo di dignità alle comunità che amministrano.
La cosiddetta “procedura straordinaria” consiste in un intervento che personale specializzato dovrebbe eseguire per individuare e successivamente neutralizzare le sostanze radioattive e renderle, quindi, innocue. Se veramente il materiale sospetto viene interamante decontaminato, attraverso anche la permanenza in quarantena dei compattatori nell’impianto, per quale motivo viene emanata un’ordinanza regionale per autorizzare la MAD ad accogliere questa tipologia di rifiuti? Siamo alle solite! I biofiltri dell’impianto di Colfelice non funzionano? Allora… tanto vale che i cittadini respirino il velenoso acido solfidrico anziché sostituire i biofiltri o eseguire interventi di manutenzione. Il portale radiometrico che rileva i carichi di rifiuti radioattivi, installato all’ingresso dell’impianto di Colfelice, è in continuo allarme e la decontaminazione dei rifiuti prevede tempi lunghi e costosi? Allora… è molto più semplice spedire al più presto il carico pericoloso in discarica. D’altronde quale rischi corrono il Presidente della SAF ed il proprietario della discarica di Cerreto? Non vivono a Roccasecca, né loro, né le loro famiglie!
A risentirci alla prossima ordinanza, in attesa che i Sindaci di Roccasecca e Colfelice, escano dal loro torpore e dalla loro inettitudine e restituiscano un minimo di dignità alle comunità che amministrano.
lunedì 3 maggio 2010
Rifiuti radioattivi a Colfelice. L'impianto è ormai fuori controllo
Quale altro rifiuto pericoloso varcherà la soglia dell’impianto di Colfelice dopo quello radioattivo rinvenuto dall’Arpa Lazio tra i rifiuti urbani?
L’impianto al suo interno, dopo la sua costosissima riconversione in produttore di CDR (combustibile derivato dai rifiuti) accoglie ormai di tutto, sia rifiuti urbani che speciali, compresi quelli contenenti contaminanti altamente nocivi.
Tra questi il materiale radioattivo denominato “Iodio 131”, prevalentemente utilizzato nelle strutture sanitarie a gestione sia pubblica che privata per il trattamento dei tumori tiroidei e nella diagnostica nucleare.
Se fino a ieri qualcuno avesse avuto dei dubbi sulla notoria inefficienza dell’impianto, oggi può focalizzare meglio i pericoli che incombono sulle famiglie del comprensorio Colfelice-Roccasecca-San Giovanni Incarico-Pontecorvo. L’ARPA, finalmente, ha infranto il muro di omertà e menzogne sulla gestione di smaltimento rifiuti che continua ad avvenire in contrasto con tutte le norme di tutela ambientale.
Tutto lascia presupporre che materiale radioattivo sia stato sempre conferito e trattato a Colfelice e che solo oggi, grazie alle analisi radiometriche eseguite nell’inceneritore di San Vittore, questa verità sia venuta a galla.
Dopo questa inquietante vicenda, che presenta zona d’ombra ancora tutte da chiarire, nessuno nell’area di influenza dell’impianto di Colfelice può ritenersi al riparo dai rischi igienico-sanitari, tanto meno i dipendenti della S.A.F. e gli addetti al trasporto perchè più esposti alle radiazioni.
Non sono certamente rassicuranti neanche le cosiddette “procedure straordinarie”, adottate dalla Provincia di concerto con la dirigenza S.A.F., che prevedono la permanenza in quarantena dei compattatori all’interno dell’impianto di Colfelice in attesa di interventi di decontaminazione da parte di personale specializzato.
Si tratta di un rimedio alquanto pericoloso sia per i lavoratori che per i cittadini residenti nella zona, ai quali non potrà mai essere assicurata l’immediata e completa neutralizzazione del materiale radioattivo. Risulterà, inoltre, sempre difficile prevedere quotidianamente il numero dei camion-rifiuti sospetti, il volume del materiale radioattivo ed i tempi di sosta forzata all’interno dell’impianto.
Sarebbe opportuno, invece, dopo avere effettuato gli opportuni rilievi, che il carico contaminato venga rispedito al Comune di provenienza e lì vengano eseguite le operazioni di prelievo del rifiuto radioattivo e le conseguenti “cure del caso”.
Gli oneri dell’intervento di bonifica è bene che ricadano sui bilanci di quei Comuni che non hanno osservato le più elementari norme di separazione dei rifiuti pericolosi da quelli urbani.
Di fronte a questo gravissimo attentato alla salute pubblica, gli amministratori locali ed in “primis” i Sindaci, non esclusi gli organismi di controllo e le organizzazioni sindacali, non possono più considerare l’impianto di Colfelice la panacea di tutte le loro inadempienze su tutto ciò che è legato allo smaltimento dei rifiuti.
L’impianto al suo interno, dopo la sua costosissima riconversione in produttore di CDR (combustibile derivato dai rifiuti) accoglie ormai di tutto, sia rifiuti urbani che speciali, compresi quelli contenenti contaminanti altamente nocivi.
Tra questi il materiale radioattivo denominato “Iodio 131”, prevalentemente utilizzato nelle strutture sanitarie a gestione sia pubblica che privata per il trattamento dei tumori tiroidei e nella diagnostica nucleare.
Se fino a ieri qualcuno avesse avuto dei dubbi sulla notoria inefficienza dell’impianto, oggi può focalizzare meglio i pericoli che incombono sulle famiglie del comprensorio Colfelice-Roccasecca-San Giovanni Incarico-Pontecorvo. L’ARPA, finalmente, ha infranto il muro di omertà e menzogne sulla gestione di smaltimento rifiuti che continua ad avvenire in contrasto con tutte le norme di tutela ambientale.
Tutto lascia presupporre che materiale radioattivo sia stato sempre conferito e trattato a Colfelice e che solo oggi, grazie alle analisi radiometriche eseguite nell’inceneritore di San Vittore, questa verità sia venuta a galla.
Dopo questa inquietante vicenda, che presenta zona d’ombra ancora tutte da chiarire, nessuno nell’area di influenza dell’impianto di Colfelice può ritenersi al riparo dai rischi igienico-sanitari, tanto meno i dipendenti della S.A.F. e gli addetti al trasporto perchè più esposti alle radiazioni.
Non sono certamente rassicuranti neanche le cosiddette “procedure straordinarie”, adottate dalla Provincia di concerto con la dirigenza S.A.F., che prevedono la permanenza in quarantena dei compattatori all’interno dell’impianto di Colfelice in attesa di interventi di decontaminazione da parte di personale specializzato.
Si tratta di un rimedio alquanto pericoloso sia per i lavoratori che per i cittadini residenti nella zona, ai quali non potrà mai essere assicurata l’immediata e completa neutralizzazione del materiale radioattivo. Risulterà, inoltre, sempre difficile prevedere quotidianamente il numero dei camion-rifiuti sospetti, il volume del materiale radioattivo ed i tempi di sosta forzata all’interno dell’impianto.
Sarebbe opportuno, invece, dopo avere effettuato gli opportuni rilievi, che il carico contaminato venga rispedito al Comune di provenienza e lì vengano eseguite le operazioni di prelievo del rifiuto radioattivo e le conseguenti “cure del caso”.
Gli oneri dell’intervento di bonifica è bene che ricadano sui bilanci di quei Comuni che non hanno osservato le più elementari norme di separazione dei rifiuti pericolosi da quelli urbani.
Di fronte a questo gravissimo attentato alla salute pubblica, gli amministratori locali ed in “primis” i Sindaci, non esclusi gli organismi di controllo e le organizzazioni sindacali, non possono più considerare l’impianto di Colfelice la panacea di tutte le loro inadempienze su tutto ciò che è legato allo smaltimento dei rifiuti.
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