martedì 30 marzo 2010

Un inquietante caso di malformazione genetica

L'episodio, certamente non isolato, dell’agnellino nato malforme e successivamente deceduto in una azienda zootecnica, sita nei pressi della discarica di Roccasecca, non deve essere sottovalutato e frettolosamente rinchiuso nell’archivio del fatalismo. Si dirà con rassegnazione: “Sono cose che succedono”, quasi a voler allontanare dalla mente una realtà drammatica che turba il nostro vivere, che vorremmo scorresse con più tranquillità.

Il triste evento, invece, dovrebbe essere oggetto di una approfondita analisi veterinaria e di indagine territoriale per comprendere le cause che lo hanno determinato. E’ da tener presente che gli animali al pascolo possono ingerire anche sostanze contaminate. Proprio per questo motivo, gli ovini sono considerati “animali sentinella” dell’inquinamento del suolo. La normativa sanitaria, infatti, tiene conto che una pecora, quando bruca l’erba, ingerisce anche una certa quantità di terreno.

Nella zona dove l’evento anomalo si è verificato insistono, come è noto, impianti di smaltimento rifiuti, la cui attività sta provocando da oltre un decennio non pochi problemi sul piano igienico-sanitario alle persone nonché a quello ecologico all’ambiente circostante.
A questa allarmante situazione, dovuta soprattutto alle esalazioni nocive e alla ricaduta sui terreni di veleni come i composti dello zolfo, emessi dalla discarica di Cerreto e dall’impianto di Colfelice, va ad aggiungersi la presenza di concentrazioni elevate di ossidi di azoto, come evidenziato da un recente studio del “Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria” relativo ai territori di Roccasecca e Pontecorvo.

Alla luce di quanto sopra descritto e sulla scorta di quanto è accaduto nella Valle del Sacco, dove è stata registrata nelle persone e negli animali la presenza di sostanze tossiche, tra cui il pericoloso “beta-esaclorocicloesano” (noto agente cancerogeno), è ormai urgente avviare nel comprensorio Roccasecca-San Giovanni Incarico-Pontecorvo-Colfelice un approfondito studio di impatto ambientale che risponda a questa domanda: quali effetti hanno prodotto e produrranno l’impianto di Colfelice e le discariche del territorio sulla vita e la salute dell’uomo, sul terreno, nelle sorgenti idriche, sui fiumi e nell’atmosfera?
Ed ancora: dopo diversi casi di decesso dovuti a patologie tumorali registrati tra la popolazione del comprensorio, è lecito inserire tra le cause dell’insorgenza di gravi malattie e malformazioni genetiche anche agenti chimici e sostanze tossiche di un ambiente fortemente inquinato?

Per ottenere risposte a questi inquietanti interrogativi, il Comitato “Cittadini di San Cataldo” di San Giovanni Incarico, attraverso una petizione popolare, ha già compiuto un primo passo richiedendo alle Amministrazioni dei Comuni limitrofi agli impianti di Roccasecca e Colfelice e alla Provincia, di installare idonei strumenti (nasi elettronici - centraline olfattometriche) allo scopo di rilevare sostanze odorigene moleste ed altri inquinanti responsabili dell’insalubrità dell’aria.


Fabrizio Di Cioccio - Coordinatore del Comitato “Contrasto” - Roccasecca

domenica 28 marzo 2010

No ai veleni dell'amianto!


Lo striscione è stato posto dal Comitato "Contrasto" di Roccasecca su una pendice di Montecassino, nel corso della manifestazione pacifica indetta dal Comitato “Villa NO Amianto” il 21 Marzo 2010. Il messaggio è un forte richiamo sulle terribili conseguenze di una nuova fonte di inquinamento ambientale che minaccia le popolazioni del Cassinate. Su di loro, infatti, incombe la realizzazione di un pericoloso impianto per il trattamento di 60.000 tonnellate l’anno di amianto.


Il progetto, elaborato dalla Società denominata “Progetto Immobiliare” S.r.l. di Correggio (Reggio Emilia), prevede la trasformazione cristallochimica dell’amianto, realizzabile attraverso ricristallizzazione termica, detta anche ceramizzazione. 
Le varie fasi operative del trattamento (trasporto - movimentazione in loco del materiale - perdite di processo - dispersione delle polveri all’interno dell’impianto, ecc.) costituiranno un grave danno alla salute dei cittadini. Ma tra tutti i rischi, quello più grave è certamente rappresentato dall’emissione nell’atmosfera delle polveri delle fibre di amianto che saranno veicolate dai fumi rilasciati dal camino di cui l’impianto è dotato.

Nonostante l’Area “Valutazione di Impatto Ambientale” della Regione Lazio, nel provvedimento di compatibilità ambientale emesso in data 16 giugno 2009, affermi testualmente che “I dati rilevati, mostrano comunque che la dispersione di fibre di amianto è compresa in valori nei limiti di legge …” non si può escludere che gli effetti deleteri di una tecnologia di smaltimento, la cui efficienza è ancora tutta da dimostrare, pendano come una spada di Damocle sulle popolazioni residenti in una vasta area del Cassinate. 

Nella malaugurata ipotesi questo progetto dovesse realizzarsi, una nuova criticità ambientale andrebbe ad aggiungersi ad una situazione già di per sè compromessa sul piano igienico-sanitario. Questo lembo di territorio, che per le sue peculiarità paesaggistiche, ambientali, culturali e storico-monumetali meriterebbe ben altra attenzione dalle istituzioni pubbliche, sta pagando un prezzo troppo alto alla civiltà dei consumi, al progresso, allo smaltimento dei rifiuti.

Basti pensare all’inefficienza dell’impianto di Colfelice, che sin dalla sua entrata in funzione ha prodotto solo il proliferare di discariche. I recenti interventi di riconversione, eseguiti al suo interno, gli consentono oggi di trasformare i rifiuti urbani in rifiuti speciali, come il CDR, combustibile derivato dai rifiuti. Combustibile che sarà bruciato nell’inceneritore di San Vittore del Lazio, dove attualmente sono in corso opere di potenziamento finalizzate alla realizzazione di altre due linee tecnologiche di termocombustione.

Ma non finisce qui: grazie alla fallimentare politica delle emergenze, fronteggiate da oltre un decennio dalla Regione Lazio a colpi di ordinanze e provvedimenti centralistici, la mega-discarica di Roccasecca subirà l’ennesimo ampliamento (siamo già al 4° bacino).

“Dulcis in fundo”: sempre nei pressi della discarica sono in fase di completamento i lavori di realizzazione di una centrale a biomasse. Alimentata dai rifiuti vegetali e dai liquami provenienti dalle aziende degli allevamenti suini e bovini, la centrale produrrà 4,5 milioni di metri cubi di biogas. I residui prodotti dal trattamento faranno compagnia ai 2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e speciali già depositate negli invasi del sito di Roccasecca.

Ebbene, alle esalazioni maleodoranti contenenti acido solfidrico, composti del metano e dell’ammoniaca, che quotidianamente si sprigionano dagli impianti di Colfelice e Roccasecca, alle diossine e alle polveri sottili di San Vittore del Lazio vogliamo aggiungere anche l’emissione in atmosfera delle fibre di amianto dell’impianto di Villa Santa Lucia?