L'episodio, certamente non isolato, dell’agnellino nato malforme e successivamente deceduto in una azienda zootecnica, sita nei pressi della discarica di Roccasecca, non deve essere sottovalutato e frettolosamente rinchiuso nell’archivio del fatalismo. Si dirà con rassegnazione: “Sono cose che succedono”, quasi a voler allontanare dalla mente una realtà drammatica che turba il nostro vivere, che vorremmo scorresse con più tranquillità.
Il triste evento, invece, dovrebbe essere oggetto di una approfondita analisi veterinaria e di indagine territoriale per comprendere le cause che lo hanno determinato. E’ da tener presente che gli animali al pascolo possono ingerire anche sostanze contaminate. Proprio per questo motivo, gli ovini sono considerati “animali sentinella” dell’inquinamento del suolo. La normativa sanitaria, infatti, tiene conto che una pecora, quando bruca l’erba, ingerisce anche una certa quantità di terreno.
Nella zona dove l’evento anomalo si è verificato insistono, come è noto, impianti di smaltimento rifiuti, la cui attività sta provocando da oltre un decennio non pochi problemi sul piano igienico-sanitario alle persone nonché a quello ecologico all’ambiente circostante.
A questa allarmante situazione, dovuta soprattutto alle esalazioni nocive e alla ricaduta sui terreni di veleni come i composti dello zolfo, emessi dalla discarica di Cerreto e dall’impianto di Colfelice, va ad aggiungersi la presenza di concentrazioni elevate di ossidi di azoto, come evidenziato da un recente studio del “Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria” relativo ai territori di Roccasecca e Pontecorvo.
Alla luce di quanto sopra descritto e sulla scorta di quanto è accaduto nella Valle del Sacco, dove è stata registrata nelle persone e negli animali la presenza di sostanze tossiche, tra cui il pericoloso “beta-esaclorocicloesano” (noto agente cancerogeno), è ormai urgente avviare nel comprensorio Roccasecca-San Giovanni Incarico-Pontecorvo-Colfelice un approfondito studio di impatto ambientale che risponda a questa domanda: quali effetti hanno prodotto e produrranno l’impianto di Colfelice e le discariche del territorio sulla vita e la salute dell’uomo, sul terreno, nelle sorgenti idriche, sui fiumi e nell’atmosfera?
Ed ancora: dopo diversi casi di decesso dovuti a patologie tumorali registrati tra la popolazione del comprensorio, è lecito inserire tra le cause dell’insorgenza di gravi malattie e malformazioni genetiche anche agenti chimici e sostanze tossiche di un ambiente fortemente inquinato?
Per ottenere risposte a questi inquietanti interrogativi, il Comitato “Cittadini di San Cataldo” di San Giovanni Incarico, attraverso una petizione popolare, ha già compiuto un primo passo richiedendo alle Amministrazioni dei Comuni limitrofi agli impianti di Roccasecca e Colfelice e alla Provincia, di installare idonei strumenti (nasi elettronici - centraline olfattometriche) allo scopo di rilevare sostanze odorigene moleste ed altri inquinanti responsabili dell’insalubrità dell’aria.
Fabrizio Di Cioccio - Coordinatore del Comitato “Contrasto” - Roccasecca
Fabrizio Di Cioccio - Coordinatore del Comitato “Contrasto” - Roccasecca